Domande frequenti sul trapianto di capelli
A seguire le risposte ad alcune delle domande frequenti sul trapianto di capelli.
Indice
- È davvero meglio andare in Turchia per effettuare il trapianto di capelli?
- È vero che la tecnica FUT è obsoleta e che la FUE è più recente?
- I capelli trapiantati crescono come gli altri?
- Il trapianto di capelli funziona o non funziona?
- Cos’è la FUE?
- Vi può essere il rigetto dei capelli trapiantati?
- Quando, dopo l’intervento si può iniziare a lavarsi i capelli?
- È possibile che i capelli non ricrescano?
- È possibile migliorare esiti non estetici di pregressi interventi sul cuoio capelluto?
- Donna e trapianto di capelli. Restano le cicatrici?
- Autotrapianto di capelli: a che età si può fare?
- Il trapianto di capelli è doloroso?
- Autotrapianto di capelli a prezzo basso?
- I capelli trapiantati diventano bianchi?
- Come evitare nella chirurgia dei capelli una scarsa ricrescita?
- Cos’è il tricogramma e a cosa serve?
- Come si fa a prevenire e curare la follicolite post-opertatoria?
- Nella chirurgia dei capelli la “dense packing”può causare un basso tasso di sopravvivenza?
- È importante al fine del risultato finale il disegno della linea frontale che il chirurgo effettua prima di procedere all’autotrapianto di capelli?
- Si possono prelevare peli da altre parti del corpo e trapiantarli come capelli?
È davvero meglio andare in Turchia per effettuare il trapianto di capelli?
Ogni paziente ha il chirurgo che si merita, e non si tratta di considerazioni geografiche, ma di più importanti differenze con la nostra tecnica chirurgica e nella corretta gestione del paziente.
Nel nostro caso attuiamo quello che le società scientifiche internazionali definiscono il gold standard chirurgico del trapianto di capelli, cioè la tecnica coi risultati migliori con cui le altre tecniche vengono confrontate.
D’altro canto è necessario riconoscere alla Turchia una grande capacità di fare “sistema”, creando un fenomeno di indubbio impatto commerciale capace di proporsi internazionalmente mettendo insieme l’industria del turismo con l’attività sanitaria, che ha regole etiche e deontologiche ben diverse.
Mi si consenta di dire, però, che il trapianto di capelli non è un fatto turistico. Non è una questione di limousine che viene a prelevare il paziente in aeroporto, l’hotel con piscina o altre scintillanti attività che ammaliano e distraggono dal motivo di quel viaggio; il reale motivo è un intervento chirurgico.
E allora concentriamoci sul cuore del problema: come fare a soddisfare una grande domanda (quanti sono i maschi che soffrono di calvizie nel mondo?) quando la tecnica chirurgica del trapianto di capelli consente ad un medico esperto di poter operare al massimo due pazienti al giorno? Ma non c’è solo l’intervento: per svolgere un trapianto di capelli nelle condizioni migliori serve un’anamnesi del paziente accurata, un bilancio del suo stato di salute e poi una fase post-operatoria attenta. Insomma, serve tempo anche al di là del trapianto se si vuole fare chirurgia e non commercio.
Quale Paese ha una disponibilità di personale medico qualificato così grande per fare tutto questo?
Ecco allora il successo di un sistema che ha ripescato una vecchia tecnica chirurgica abbandonata più di 30 anni fa per i suoi insuccessi, la FUE, che non usa microscopi ed altri strumenti microchirurgici e che quindi è tecnicamente fattibile anche da personale non qualificato, risolvendo così il problema. L’unica cosa che può dare fastidio a questa macchina commerciale turca è la concorrenza di altri paesi, perché, sia chiaro, non è solo la Turchia a veder applicare questo modello di business.
Che cosa succede dunque? Come denunciato anche dall’associazione internazionale dei chirurghi specializzati nel trapianto di capelli (si veda la campagna Fight the Fight dell’International Society of Hair Restoration Surgery) il trucco è semplice: si usa il nome di un chirurgo, su cui si investe in termini di marchio, e poi visite e interventi sono fatti da personale non specializzato. In alcuni casi addirittura da taxisti o parcheggiatori, che con un minimo di manualità possono estrarre i capelli e reimpiantarli. Peccato però che difficilmente sapranno distinguere i capelli giusti da prelevare, spesso li danneggiano e di sicuro non sono preparati a fare valutazioni di carattere generale o particolare su quello che sta accadendo sulla testa che hanno tra le mani; questo peggiora la situazione di una tecnica già debole scientificamente ma molto redditizia. La visita medica avviene praticamente via WhatsApp, dove risulta che il paziente è comunque sempre operabile e il follow up sarà di fatto una terapia farmacologica anti-ricaduta. Risolto quindi il problema della “catena di montaggio”, è possibile soddisfare una domanda enorme intercettandola con ogni strumento possibile, dal web alla TV.
Naturalmente non sono tutti uguali e anche in Turchia ci possono essere chirurghi bravi o competenti, ma difficilmente sono quelli che compaiono nelle pubblicità che promettono numeri di innesti, tour turistici e prezzi stracciati che sono possibili solo grazie alle economie di scala, un concetto che non ha nulla a che fare con la medicina, dove ogni paziente andrebbe visto per quello che è: un caso unico da rispettare e tutelare.
Prima viene la salute del paziente e poi le performance di fatturato; se si deroga da questo principio non è più medicina, ma business fatto sulla pelle dei pazienti.
Ma quali sono poi le ricadute per il paziente che viene operato in questo modo? Semplice: i capelli con questa tecnica ricadono dopo l’intervento nel tempo e il problema della calvizie si aggrava con in più una ridotta possibilità di intervento (i capelli non vengono creati dal chirurgo, ma solo spostati). Le aree donatrici, dall’aspetto tarlato e pieno di buchi, generano una grave fibrosi che peggiora le condizioni dei capelli preesistenti e di quelli trapiantati. Nei casi più gravi ci sono infezioni e altre conseguenze molto spiacevoli, quali le necrosi o l’assenza di ricrescita, sempre ben documentate dall’International Society of Hair Restoration Surgery e di cui abbiamo parlato tante volte.
Ecco allora il risultato finale del fenomeno Turchia: oggigiorno io e altri colleghi ci troviamo ad intervenire nel 50% dei casi per correggere i problemi di trapianti mal fatti. Si chiama chirurgia secondaria, che a volte è possibile e volte no. Per questo motivo la mia raccomandazione è: state ben attenti a chi mettete in mano la vostra testa!
È vero che la tecnica FUT è obsoleta e che la FUE è più recente?
Questa è una domanda che mi viene fatta spesso e che nasce dal successo esclusivamente commerciale della FUE e da una certa dose di disinformazione fuorviante e sfruttata ad arte per attirare i pazienti.
La FUE è il nome nuovo dato ad una tecnica più vecchia della FUT. Ne abbiamo parlato diffusamente in questa pagina e ne abbiamo parlato in questo video.
Ciò detto, come medico guardo al risultato e alla soddisfazione dei pazienti, sulla base di più di 40 anni di esperienza e migliaia e migliaia di casi di casi operati. Certamente fare una FUT richiede un chirurgo molto competente, coadiuvato da un team addestrato alla separazione microscopica dei capelli, cosa non da tutti e che richiede costi sicuramente superiori, che solo cliniche specializzate possono sostenere.
Ho realizzato un video che usa un’analogia molto simpatica ma anche molto chiara per spiegare intuitivamente la differenza tra queste tecniche.
Un motivo per cui la FUE viene poi indicata come migliore della FUT è la presunta assenza di cicatrice. Anche questo non è vero, anzi: la FUE produce migliaia di piccole cicatrici con un impatto negativo sul cuoio capelluto decisamente grave per estensione e qualità. Anche su questo ho realizzato un piccolo video esplicativo, che riporto qua sotto.
In ogni caso dall’International Society of Hair Restoration Surgery la FUT continua ad essere definita il gold standard delle tecniche chirurgiche, il problema è che bisogna saperla effettuare. Questo dovrebbe essere sufficiente a far capire che una cosa è il successo commerciale ed altra cosa è il successo chirurgico e la qualità.
Il grande problema della FUE, di cui ho parlato anche qui è poi la sua facile metodica di attuazione per l’operatore – ben conosciuta dalle cliniche low cost in giro per il mondo – e accessibile anche a personale senza alcuna qualifica, che in modo indiscriminato preleva capelli dalle aree donatrici a cui poi migliaia di piccole cicatrici conferiscono un aspetto tarlato, pieno di buchi. Tutto questo provoca una enorme fibrosi che peggiora o danneggia lo stato di salute dei capelli preesistenti e di quelli trapiantati.
I capelli trapiantati crescono come gli altri?
Certo, i capelli una volta trapiantati crescono come gli altri. In alcuni casi nei pazienti con capelli un po’ grossi e tendenzialmente ricci o ondulati nei primi mesi dopo la ricrescita (ribadisco in una piccola percentuale di casi) possono assumere un aspetto un po’ crespo che scompare abitualmente nel giro di qualche mese pettinandoli o spontaneamente entro 12/14 mesi.
Inoltre tutti i capelli trapiantati con il tempo potranno diventare bianchi se quello è il loro destino in età avanzata e qualora lo si desiderasse potranno essere tinti normalmente; in ogni caso non richiederanno alcun trattamento particolare se non il regolare lavaggio con shampoo normalissimi e di uso comune.
Il trapianto di capelli funziona o non funziona?
Il trapianto di capelli funziona se le aspettative del paziente sono proporzionate alla possibilità della tecnica chirurgica. Da ciò è molto importante una chiara informazione da parte del chirurgo della possibilità di correzione con l’autotrapianto in base al grado di calvizie, all’età ed alla possibile evolutività del diradamento. A questo fattore va aggiunta una corretta tecnica chirurgica eseguita da un chirurgo esperto, perché non esistono interventi facili o difficili esistono solo interventi che si sanno fare ed interventi che non si sanno fare.
Pertanto consiglio ad ogni potenziale paziente di farsi operare solo quando si è convinti che il chirurgo che opererà potrà fare per loro tutto quello che si potrà fare al meglio essendone pienamente informati e consapevoli.
Cos’è la FUE?
La F.U.E (Follicular Unit Extraction ovvero Estrazione di Unità Follicolari) è una tecnica di autotrapianto di capelli che consiste nel trapianto di capelli tramite prelievo diretto. Con questa tecnica i vari innesti vengono prelevati dalle regioni posteriore e laterali del capo (area donatrice) tramite un bisturi cilindrico cavo (punch) simile a quello utilizzato in passato. Si lascia guarire spontaneamente la regione del prelievo nella quale rimangono tante piccole cicatrici pari al numero degli innesti prelevati. I trapiantini vengono quindi inseriti direttamente nella parte interessata da rinfoltire attraverso piccole incisioni. Questa tecnica, più semplice per il chirurgo, non richiede un’equipe specializzata ed è indicata in casi più semplici o limitati o nei casi in cui le aspettative del paziente siano più modeste. Deve essere considerata una delle armi di cui dispone il chirurgo, con un utilizzo limitato e non la tecnica routinaria per eccellenza.
Vi può essere il rigetto dei capelli trapiantati?
Assolutamente no in quanto i capelli trapiantati provengono dallo stesso paziente e come tali riconosciuti dall’organismo.
Quando, dopo l’intervento si può iniziare a lavarsi i capelli?
Il primo shampoo potrà essere effettuato il terzo giorno dopo l’intervento e verrà effettuato tutti i giorni per i primi 15 giorni con un detergente idoneo, quindi si potranno riprendere i lavaggi con lo shampoo desiderato.
È possibile che i capelli non ricrescano?
Premesso che la chirurgia non è una scienza esatta, nella mia esperienza non ho mai riscontrato pazienti che lamentassero assenza di crescita dei capelli.
È possibile migliorare esiti non estetici di pregressi interventi sul cuoio capelluto?
Alcune metodiche chirurgiche della correzione della calvizie utilizzate nel passato hanno dato risultati estetici scadenti, ad esempio l’aspetto dei capelli a “ciuffi di bambola” o a “spazzolino”, l’aspetto innaturale dei capelli di alcune correzioni eseguite con la “rotazione dei lembi”, gli esiti cicatriziali conseguenti all’impianto di capelli artificiali. Tutti questi disestetismi possono essere corretti con le moderne tecniche di autotrapianto di capelli.
Donna e trapianto di capelli. Restano le cicatrici?
Qualsiasi intervento chirurgico che effettuiamo lascia cicatrici, che poi queste possano essere pressoché invisibili è possibile a maggior ragione nel cuoio capelluto dove rimangono in mezzo ai capelli.
E’ questo il caso del trapianto di capelli nella donna con qualunque tecnica venga effettuato sia essa FUE o FUT. Di certo posso affermare che l’aspetto delle cicatrici dopo il trapianto di capelli nella donna è migliore rispetto all’uomo e che abitualmente risultano realmente invisibili.
Autotrapianto di capelli: a che età si può fare?
L’indicazione all’intervento di autotrapianto di capelli non viene posta in base all’età ma in base al grado ed all’entità del diradamento della calvizie.
Ciò vuol dire che ci possono essere pazienti anche molto giovani operabili ed altri invece maturi da non operare. Molto importante è invece, nel porre l’indicazione all’intervento, che il chirurgo che osserva un paziente calvo o diradato dia l’indicazione secondo una programmazione che abbia sempre un occhio alla situazione presente ed un occhio a quella futura, cioè a come potrà essere il paziente non solo tra qualche anno ma anche tra qualche decennio, tutto ciò allo scopo di effettuare un intervento che sia esteticamente valido sia per il presente che per il futuro.
Il trapianto di capelli è doloroso?
Il trapianto di capelli non è doloroso. L’intervento viene eseguito in anestesia locale con sedazione, si svolge alla presenza di un anestesista che oltre a monitorizzare clinicamente i paziente, somministra un sedativo che porta il paziente a non avvertire né le punture dell’anestesia locale né di percepire la durata dell’intervento.
Autotrapianto di capelli a prezzo basso?
Quando si risparmia su un intervento chirurgico, il risparmio, a maggior ragione nell’autotrapianto di capelli, è in genere in termini di sicurezza.
Costi bassi sono dovuti a risparmi sul personale, sulle strutture, sui materiali.
Medici, anestetistici, biologi, infermieri, se qualificati, hanno un costo; sale operatorie attrezzate con moderne apparecchiature tecnologiche hanno un costo; materiali di qualità e sicuri hanno un costo. D’altro canto avete mai visto vendere una Ferrari al prezzo di una Panda?
Tutto ciò oltre a mettere in pericolo la sicurezza del paziente, può produrre risultati insoddisfacenti e trasformare la Vostra testa in una palestra per medici debuttanti.
Attenzione, quindi, senza fare di tutta un’erba un fascio, agli interventi proposti a basso costo perché la professionalità, la qualità e la sicurezza hanno un prezzo.
I capelli trapiantati diventano bianchi?
Certamente, i capelli trapiantati diventano bianchi in quanto sono capelli uguali agli altri.
I capelli trapiantati vengono solo spostati da una zona all’altra del capo per essere ridistribuiti sulle aree calve e pertanto conservano tutte le loro caratteristiche compresa quella di diventare bianchi. Va solo specificato che in base alla zona di prelievo dei capelli da trapiantare, i capelli diventeranno bianchi in tempi diversi, ma sempre con un aspetto omogeneo e naturale.
Come evitare nella chirurgia dei capelli una scarsa ricrescita?
La scarsa ricrescita può verificarsi per diversi motivi: disidratazione degli innesti, traumi fisici durante l’inserimento degli stessi, popping, trapianti inseriti troppo in profondità, siti riceventi vuoti ed innesti piegati.
Per posizionare con successo gli innesti il chirurgo deve: usare una lente di ingrandimento, tenere gli occhi fissi sui siti riceventi e seguire un modello per evitare siti mancanti e perdite di tempo, lasciare i capelli della zona donatrice un po’ lunghi per poterli individuare, controllare l’eccessivo sanguinamento che riduce la visibilità, evitare la disidratazione dei trapianti, mantenere una corretta dimensione del trapianto in modo che l’inserimento non sia “invasivo” e mantenere una corretta distanza tra un’incisione e l’altra affinché non si verifichi il fenomeno del popping.
Cos’è il tricogramma e a cosa serve?
Il tricrogramma è un esame microscopico dei capelli che studia la dinamica del ciclo follicolare sia in condizioni fisiologiche che patologiche. Questo esame si effettua strappando con un’apposita pinza un ciuffo di circa 50 capelli da almeno due sedi del cuoio capelluto: l’area interessata dal diradamento che vogliamo studiare e un’area di controllo. I capelli strappati vengono poi esaminati al microscopio. In questo modo è possibile esaminare la morfologia dei capelli e fare una stima percentuale dei capelli in fase anagen (di crescita) e in fase telogen (di caduta).
Sebbene il tricogramma possa fornire informazioni molto utili sulla morfologia e la struttura del capello non si deve attribuire a questo esame un eccessivo valore diagnostico. Per una corretta diagnosi è sempre necessario integrare le informazioni ottenute dal tricogramma con una accurata anamnesi ed un attento esame clinico del paziente.
Come si fa a prevenire e curare la follicolite post-opertatoria?
La follicolite è un’infiammazione del follicolo pilifero con varie eziologie: corpo estraneo, batterica, occlusiva, chimica ecc.
A seguito di un trapianto di capelli la causa più comune di follicolite (ad esempio pelo incarnito) è da corpo estraneo. Il trattamento per qualsiasi corpo estraneo è l’incisione della cute per far drenare il pus e rimuovere il corpo estraneo. Per fare in modo che questo non accada il chirurgo deve essere attento nel posizionare gli innesti trapiantati inserendoli “a filo” del cuoio capelluto lasciando il fusto dei capelli in superficie e non troppo affossato. La follicolite batterica è molto meno comune ed in questi casi si incide sempre la cute, si fa drenare il pus che può essere coltivato ed esaminato per eseguire un antibiogramma e quindi utilizzare un antibiotico specifico.
Nella chirurgia dei capelli la “dense packing”può causare un basso tasso di sopravvivenza?
Assolutamente sì. Si definisce “dense packing” il trapianto di più di 30 unità follicolari in un centimetro quadrato di cuoio capelluto. In questo modo si riduce l’apporto di sangue a quelli inseriti più centralmente che potrebbero non sopravvivere. Inoltre il processo di dense packing è ancora più prevedibile se si trapiantano unità follicolari multiple e poste nel vertice dove c’è un minor afflusso di sangue rispetto alla periferia.
È importante al fine del risultato finale il disegno della linea frontale che il chirurgo effettua prima di procedere all’autotrapianto di capelli?
Certamente, è importante in quanto il chirurgo deve creare attaccature di capelli più naturali possibile adattandosi alla forma del viso, all’età, all’estensione della calvizie ed alla densità dell’area donatrice del paziente. Per ottenere ciò il chirurgo procede alla creazione dei siti di ricezione secondo un percorso simmetrico ma irregolare.
In linea generale è consigliabile un approccio conservativo sulla collocazione ideale della linea frontale (7 – 8 cm di distanza dalle sopracciglia).
Si possono prelevare peli da altre parti del corpo e trapiantarli come capelli?
I primi esperimenti sul trapianto di peli li abbiamo fatti più di 30 anni fa. Il problema però è che il pelo è completamente diverso dal capello. I peli trapiantati nel tempo tendono a ricadere. Oltretutto le cicatrici che esitano dal trapianto di peli con la tecnica FUE, spesso, per la zona di prelievo, risultano essere molto visibili e talvolta, nella regione del petto e dello sterno, anche ipertrofiche. Per cui il problema è che i pazienti non si rammaricano più di non avere i capelli, ma di avere delle cicatrici sul petto alle volte molto evidenti.